La pesca del cefalo, per chi la pratica, diventa una malattia. Io l'ho fatta per anni ed anni, prima di dedicarmi alle acque interne, e devo dire che è davvero una pesca difficile ed emozionante, che se si sa fare bene, ti entra dentro e non ti lascia più.
Infatti, dopo tanti anni di pesca quasi esclusivamente in acque dolci, è bastata la pescata di ieri per farmi riaffiorare quel non so che ... che stamattina mi ha indotto a ritornare a pescare al "Pennello" di Molfetta.
Oggi non è stata proprio una di quelle volte, ma ci sono andato vicino. La fragile esca di pane era letteralmente assalita dal pesciame tipo occhiate di misura "small" ...
... "cornaletti" (latterini in italiano) a milioni ...
... che aggredivano in massa i pezzi di pane che cadevano a volte in acqua.
Giusto per "scappottare" ... qualche cefalo s'è presentato ...
... in tutto quattro.
Una giornata di pesca inutile, ma non tanto per la scarsità del pescato, quanto per il numero di gente che si è presentata al "Pennello" ... invadente e di una loquacità spaventosa, tutti elementi da cui rifuggo come la peste, quando vado a pescare.
La ciliegina sulla torta: il solito maledetto sub che deve venirti fin sotto i piedi, fregandosene di chi sta lì a pescare da ore ... tanto a lui tutto è dovuto; cose che succedono in questa città, ormai abitata più da "zulù" che da "cristiani".
* Testo e foto a cura di Franco Stanzione.