... la sentenza della Corte di Cassazione a favore del non rilascio dei siluri pescati nel Po, come indicato dalle legge regionale dell' Emilia Romagna.
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Il titolo di questo post la dice lunga circa il mio modo di vedere la questione che di seguito verrà sviluppata: io sono infatti nettamente schierato a favore della sentenza della Corte di Cassazione.
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Vediamo cosa è successo, così come lo si apprende da "PiacenzaSera.it", quotidiano online della provincia di Piacenza.
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Si è conclusa recentemente, con la sentenza della corte di cassazione a favore dell'Amministrazione provinciale (difesa dagli avvocati Francesco Burigana e Flavio Antelmi), la vicenda giudiziaria che ha opposto l'Ente di corso Garibaldi al rappresentante del “gruppo siluro Italia”, Yuri Grisendi, sul caso “siluro”. La protesta dei pescatori: oltre trenta foto inviate a Piacenzasera.it
Una vicenda che ha avuto inizio nel 2003, quando Grisendi liberò nelle acque del Po un siluro di circa 100 chili, da lui appena pescato, e venne per questo sanzionato dalla Polizia Provinciale. Motivo: la legge sulla pesca vieta, rigorosamente, il rilascio nei nostri fiumi di specie ittiche che, come il siluro, non sono originarie delle nostre acque (le cosiddette specie alloctone). Grisendi fece ricorso, appellandosi a tutti i possibili livelli di giudizio, ma i giudici gli hanno sempre dato torto: sia nel giudizio di primo grado (in quella circostanza le ragioni della Provincia vennero difese dall’avvocato Giulio Massara), sia in Appello, sia, qualche giorno fa, in Cassazione. Una sentenza, in certo modo, obbligata: non c'era molta possibilità di scelta. La legge è infatti chiara, e non dà spazio ad interpretazioni di altro genere: vieta, assolutamente, l'introduzione di pesci non originari delle nostre acque nei nostri fiumi. Ospiti, come i siluri, che si pongono in competizione con le nostre specie autoctone portandole alle soglie dell'estinzione. E non c’è solo l siluro: ci sono l’Aspio, il Barbo d’oltralpe, la Pseudorasbora, il Rodeo amaro, l’Acerina, l’Abramide, il Cobite di stagno, il Gambero rosso della Luisiana, addirittura i pirana. Tanti nuovi inquilini, emigrati da noi non spontaneamente ma perché ci sono stati portati da qualcuno. “Con la sentenza della Cassazione – rileva l’assessore provinciale alla Cacia e Pesca Filippo Pozzi - si conclude una vicenda che è andata avanti per anni. La sentenza ci dà ragione, ci conforta nel nostro impegno ad impedire il rilascio di specie alloctone nei nostri fiumi. Che è deleterio per i nosri pesci, come è scientificamente provato. Mi auguro che l’esito di questa vicenda serva da deterrente ad altri che volessero ripetere gesti di questo genere, contrari alla legge”.
La sparizione delle specie autoctone ha sicuramente tanti motivi: inquinamento, sbarramenti, sparizione di lanche, canalizzazioni dei corsi d’acqua ecc.. Ma le specie alloctone sono, per i nostri pesci, una minaccia tremenda: pesci tipici delle nostre zone come la Tinca, il Luccio, lo Storione, l’Anguilla (che viene usata come esca per la pesca del Siluro) e persino specie molto comuni fino a pochi anni fa, come Cavedani e Alborelle, sono in drastica diminuzione, proprio a causa degli alloctoni.
L’associazione Catfishing e il gruppo Siluro dicono che la norma che vieta la reimmissione delle specie alloctone è obsoleta e auspicano che si obliteri la distinzione fra specie autoctone e alloctone, per poter immettere nelle nostre acque siluri e altre specie non nostrane.
Ma la norma della legge regionale che regola la materia è tutt’altro che superata, ed è opinione comune fra gli ittiologi che le specie alloctone siano tra le principali cause della sparizione dei pesci nostrani. Questa convinzione è condivisa dalle principali associazioni di pescatori (FIPSAS, ARCI PESCA, ENAL PESCA; UNPEM), che fra l’altro collaborano con l’Amministrazione Provinciale, attraverso apposita convenzione, mettendo a disposizione un centinaio di guardie ittiche volontarie.
La Vigilanza ittica della Polizia provinciale e volontaria ha elevato dall’inizio dell’anno al 6 agosto 127 verbali di infrazione alle norme sulla pesca, per la maggior parte proprio sul Po. Tra le sanzioni più frequenti la pesca senza licenza (31), il mancato versamento regionale (27), uso di attrezzi in numero superiore al consentito (17). Ci sono poi sanzioni per pesca in zone di divieto, uso di attrezzi non consentiti, detenzione di pasture vietate, abbandono di rifiuti. Segnalati anche alcuni sversamenti di liquami, a dimostrazione che la vigilanza non manca, è ben presente!
Relativamente ai fantomatici predoni che pescano di tutto: “Catfishing” e il “gruppo Siluro”, invece di segnalare fatti generici alla stampa, dovrebbero dotarsi, come fanno le maggiori associazioni di pesca, di proprie guardie volontarie, visto che la legge lo consente, per sanzionare direttamente queste persone.
Da oggi c’è una ragione in più per rispettare la legge, ed è che i pescatori che non volessero uccidere i pesci alloctoni hanno la possibilità di portarli in un lago per lo stoccaggio.
Il lago, denominato Mandella, è situato fra Muradolo e Ponte Riglio; i pescatori possono depositare i pesci in una vasca di raccolta situata vicino all’ingresso. Verranno liberati nel lago da operatori dell’Arci pesca che hanno in gestione il bacino, di proprietà del Consorzio Bacini Piacentini di Levante. La Provincia, con questo bacino di stoccaggio, ottempera alle disposizioni della delibera di giunta regionale che prevede la possibilità sia di stoccaggio che di eventuale commercializzazione di questi pesci.
.Una vicenda che ha avuto inizio nel 2003, quando Grisendi liberò nelle acque del Po un siluro di circa 100 chili, da lui appena pescato, e venne per questo sanzionato dalla Polizia Provinciale. Motivo: la legge sulla pesca vieta, rigorosamente, il rilascio nei nostri fiumi di specie ittiche che, come il siluro, non sono originarie delle nostre acque (le cosiddette specie alloctone). Grisendi fece ricorso, appellandosi a tutti i possibili livelli di giudizio, ma i giudici gli hanno sempre dato torto: sia nel giudizio di primo grado (in quella circostanza le ragioni della Provincia vennero difese dall’avvocato Giulio Massara), sia in Appello, sia, qualche giorno fa, in Cassazione. Una sentenza, in certo modo, obbligata: non c'era molta possibilità di scelta. La legge è infatti chiara, e non dà spazio ad interpretazioni di altro genere: vieta, assolutamente, l'introduzione di pesci non originari delle nostre acque nei nostri fiumi. Ospiti, come i siluri, che si pongono in competizione con le nostre specie autoctone portandole alle soglie dell'estinzione. E non c’è solo l siluro: ci sono l’Aspio, il Barbo d’oltralpe, la Pseudorasbora, il Rodeo amaro, l’Acerina, l’Abramide, il Cobite di stagno, il Gambero rosso della Luisiana, addirittura i pirana. Tanti nuovi inquilini, emigrati da noi non spontaneamente ma perché ci sono stati portati da qualcuno. “Con la sentenza della Cassazione – rileva l’assessore provinciale alla Cacia e Pesca Filippo Pozzi - si conclude una vicenda che è andata avanti per anni. La sentenza ci dà ragione, ci conforta nel nostro impegno ad impedire il rilascio di specie alloctone nei nostri fiumi. Che è deleterio per i nosri pesci, come è scientificamente provato. Mi auguro che l’esito di questa vicenda serva da deterrente ad altri che volessero ripetere gesti di questo genere, contrari alla legge”.
La sparizione delle specie autoctone ha sicuramente tanti motivi: inquinamento, sbarramenti, sparizione di lanche, canalizzazioni dei corsi d’acqua ecc.. Ma le specie alloctone sono, per i nostri pesci, una minaccia tremenda: pesci tipici delle nostre zone come la Tinca, il Luccio, lo Storione, l’Anguilla (che viene usata come esca per la pesca del Siluro) e persino specie molto comuni fino a pochi anni fa, come Cavedani e Alborelle, sono in drastica diminuzione, proprio a causa degli alloctoni.
L’associazione Catfishing e il gruppo Siluro dicono che la norma che vieta la reimmissione delle specie alloctone è obsoleta e auspicano che si obliteri la distinzione fra specie autoctone e alloctone, per poter immettere nelle nostre acque siluri e altre specie non nostrane.
Ma la norma della legge regionale che regola la materia è tutt’altro che superata, ed è opinione comune fra gli ittiologi che le specie alloctone siano tra le principali cause della sparizione dei pesci nostrani. Questa convinzione è condivisa dalle principali associazioni di pescatori (FIPSAS, ARCI PESCA, ENAL PESCA; UNPEM), che fra l’altro collaborano con l’Amministrazione Provinciale, attraverso apposita convenzione, mettendo a disposizione un centinaio di guardie ittiche volontarie.
La Vigilanza ittica della Polizia provinciale e volontaria ha elevato dall’inizio dell’anno al 6 agosto 127 verbali di infrazione alle norme sulla pesca, per la maggior parte proprio sul Po. Tra le sanzioni più frequenti la pesca senza licenza (31), il mancato versamento regionale (27), uso di attrezzi in numero superiore al consentito (17). Ci sono poi sanzioni per pesca in zone di divieto, uso di attrezzi non consentiti, detenzione di pasture vietate, abbandono di rifiuti. Segnalati anche alcuni sversamenti di liquami, a dimostrazione che la vigilanza non manca, è ben presente!
Relativamente ai fantomatici predoni che pescano di tutto: “Catfishing” e il “gruppo Siluro”, invece di segnalare fatti generici alla stampa, dovrebbero dotarsi, come fanno le maggiori associazioni di pesca, di proprie guardie volontarie, visto che la legge lo consente, per sanzionare direttamente queste persone.
Da oggi c’è una ragione in più per rispettare la legge, ed è che i pescatori che non volessero uccidere i pesci alloctoni hanno la possibilità di portarli in un lago per lo stoccaggio.
Il lago, denominato Mandella, è situato fra Muradolo e Ponte Riglio; i pescatori possono depositare i pesci in una vasca di raccolta situata vicino all’ingresso. Verranno liberati nel lago da operatori dell’Arci pesca che hanno in gestione il bacino, di proprietà del Consorzio Bacini Piacentini di Levante. La Provincia, con questo bacino di stoccaggio, ottempera alle disposizioni della delibera di giunta regionale che prevede la possibilità sia di stoccaggio che di eventuale commercializzazione di questi pesci.
Al di là della mia posizione e di quelle contrastanti con la mia, c' è il dato inequivocabile che la Regione Emilia Romagna vieta tassativamente di reimmettere i pesci alloctoni pescati nelle acque ricadenti nel proprio territorio.
Così come tante altre Regioni o Province vietano tante altre cose in materia di pesca, in sostanza, l' Emilia Romagna ha legiferato in una certa maniera, e finchè la legge c' è bisogna rispettarla.
Non vedo perchè queste persone che hanno mandato le foto al giornale autodenunciandosi, debbano decidere loro e loro solo quale sia la legge da rispettare e quale no; per me sono dei fuorilegge quelli che reimmettono in acqua gli schifosissimi siluri quando c' è una apposita normativa che lo vieta ... e basta.
Non vedo perchè queste persone che hanno mandato le foto al giornale autodenunciandosi, debbano decidere loro e loro solo quale sia la legge da rispettare e quale no; per me sono dei fuorilegge quelli che reimmettono in acqua gli schifosissimi siluri quando c' è una apposita normativa che lo vieta ... e basta.
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Facciano le loro manifestazioni, i loro scioperi della fame, i loro girotondi attorno ad Isola Serafini ... facciano ciò che vogliono, ma per me, se continuano a rilasciare i siluri in Po o in altre acque, vanno perseguiti e puniti a dovere.
La legge è uguale per tutti, anche per loro.
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Un plauso alla Corte di Cassazione
ed alla Provincia di Piacenza!!!
.CHI RILASCIA IL SILURO PESCATO
DANNEGGIA ANCHE TE:
DIGLI DI SMETTERE.
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* Testo di Franco Stanzione.
* Articolo tratto da "PiacenzaSera.it".
* Foto tratte dal web.
* Foto tratte dal web.